PER CHI LO HA CONOSCIUTO...

La vita di Piero Pierotti (Calci (PI), 15 aprile 1940 – Pisa, 11 Luglio 2023), le sue tante passioni, le numerose iniziative, la sua inesauribile disponibilità verso il prossimo, la sua innata empatia e, poi, la balbuzie, il Brasile, il Pisa Calcio… ognuno di noi ne conosce un pezzo, un ricordo che custodisce tra quelli più preziosi di una persona di valore. Ed è questo valore che, con tale iniziativa, proviamo a non disperdere, affinché possa essere di esempio ad un bambino, un adolescente, come lo è stato per noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo e volergli bene.

Chi vorrà, potrà inviarci, entro il 30 giugno, la sua esperienza, una foto, un ricordo del caro Piero alla mail:

Noi li raccoglieremo e li pubblicheremo in questo spazio il 22 ottobre 2025, giornata mondiale per la consapevolezza sulla balbuzie.

Grazie a tutti coloro che lo ricordano con affetto, gli hanno voluto bene e sentiranno il bisogno di condividere la loro esperienza.

LA MIA BALBUZIE 

30 ottobre 2020 (dal suo profilo Facebook)

(...) Avevo quasi 22 anni quando mio padre mi propose un corso per imparare a parlar bene. Aveva chiesto e ricevuto un libro senza dirmi niente: era arrivato il momento di mettere le carte in tavola, di affrontare un argomento, la balbuzie, da me sempre rifiutato. Non ne avevo mai parlato con nessuno, né con i compagni a scuola, né con gli amici. Con nessuno, nemmeno in casa, appunto. Risposi di no a mio padre. Secco e deciso. Logico. Avevo visto mille volte la sofferenza negli sguardi dei miei genitori, avevo avvertito il loro respiro fermarsi in attesa che riuscissi a superare un blocco (Dio mio, quanti!). E dopo ce n'era un altro e un altro e un altro... E avevo sentito bisbigliare i commenti afflitti dei parenti ("poverino", "cosa farà da grande", "un disgraziato"...). 

Accettare avrebbe significato ammettere il mio dolore, lo strazio dell'anima più ancora di quello fisico: il fiato mozzato, il sudore freddo, le labbra lacerate come trafitte da filo spinato. Accettare avrebbe significato discutere, descrivere il mostro che sentivo dentro e che mi devastava. Avrebbe significato fare la cosa più difficile e più anelata, soltanto immaginata e sperata nelle notti insonni: parlare. Accettare significava lasciar capire il terrore per le code davanti allo sportello dell'ufficio postale con l'elenco dei francobolli da comprare; la frustrazione per le cocacole non ordinate, per le pizze margherita invece delle quattro formaggi. Significava ripensare ai miei occhi abbassati, agli sguardi sfuggiti, alle telefonate mai fatte, alle interrogazioni d'inglese sempre rifiutate... 

A fine anno 1961 mio padre mi trascinò al corso. Ci assegnarono le stanze: avrei diviso la mia con Enzo e Giacomo, li ricordo ancora con tenerezza, i miei compagni di quel primo corso. La sera, in camera, non riuscii a dire il mio nome. Ci rinunciai. Mi presentai il giorno dopo. Quello fu l'inizio di un percorso fatto di alti e bassi: buoni risultati e ricadute. Momenti di euforia ed altri di sconforto. Vacanze accantonate per pagarmi un nuovo corso: lavoravo e potevo investire nel mio futuro, oltre a dare un aiuto in famiglia. Ero cocciuto e determinato. Se in certi momenti avevo parlato quasi bene, perché non fissare quei risultati? Perché non provare a migliorarli? 

Ecco quindi la decisione di riprovarci e riprovarci ancora. Fu una sfida per me, ne avevo fatta la ragione della mia vita. Non volevo dargliela vinta alla balbuzie, non volevo arrendermi. (...) Continuai a partecipare ai corsi, tra i 21 e i 27 anni. Ne feci un altro più tardi, quando ormai parlavo pressoché bene. Fu più che altro una rimpatriata per rivedere vecchi compagni di percorso, per lanciare l'idea di un'associazione: un'idea rivoluzionaria, allora, per chi balbettava: esporsi addirittura in un'associazione! Il balbuziente tende a nascondersi, a confondersi, addirittura a fondersi col paesaggio che lo circonda... un vero camaleonte.

Dopo quei corsi cambiai man mano la mia vita: mi esposi, raccontai di me, del mio impegno per migliorarmi; raccontai a chiunque, senza stupidi imbarazzi, della mia balbuzie. E trovai comprensione, accoglienza, simpatia, stima, affetto. La balbuzie è una gabbia, una trappola, una prigione. E qualcuno ci potrebbe anche aiutare, ma solo passandoci la chiave per aprire la porta. Quella porta che purtroppo si apre solo dal di dentro. Così continuo ad occuparmene. Io sono qui, ogni giorno, sempre al pezzo. Con la testa che cerco di tenere lucida, con la stessa passione di tanti anni fa. La nostra Associazione, dopo 33 anni di attività, è diventata da tempo un punto di riferimento per chi, in Italia, si occupa a vario titolo di balbuzie. 

RACCONTARSI: LIBERAZIONE E DONO

(di Piero D'Erasmo)

Il racconto che qui Piero fa di sé e della sua balbuzie, glielo abbiamo sentito fare a braccio chissà quante volte: negli incontri associativi, davanti a professionisti, perfino nell'aula magna dell'Università Cattolica di S. Paulo in Brasile.

In passato il mondo della balbuzie veniva raccontato molto meno, a tutti i livelli. E Piero cercava di fare la sua parte avvalendosi dello strumento associativo. Faceva spesso e volentieri una cosa che chi balbetta tendenzialmente fa poco o non fa: parlare di balbuzie a partire dalla sua personale vicenda di balbuzie.

Il racconto autobiografico di Piero può sembrare eccessivo soprattutto là dove parla di frustrazioni, rinunce. Sta di fatto che tante persone si sono riconosciute anche solo in parte nelle parole di Piero, sentendosi finalmente comprese.

Una breve riflessione, a proposito di parole che qualcuno potrebbe trovare eccessive nel racconto di Piero: la balbuzie non è né bella, né brutta. Semplicemente è. Ossia: è un dato di fatto. Il diretto interessato, una volta che ha riconosciuto questa sua caratteristica, deve scegliere la sua postura.

Emmanuel Lévinas, grande pensatore francese del secolo scorso, direbbe che ogni fragilità è una chiamata.

E Piero ha cercato di rispondere a questa chiamata come ha potuto, andando ben oltre ogni discorso di colpa, vergogna, ripiegamento su di sé e soprattutto andando in tutti i modi possibili verso l'altro.  

Inviaci il tuo contributo alla mail

ricordi@pieropierotti.it


MIO ZIO PIERO...

GRAZIE per la persona meravigliosa che sei stato, per la scìa di bene che sei riuscito a lasciare dietro di te, per la tua parola giusta al momento giusto, per la tua ironia, per le tue mille idee strampalate, per la tua grande saggezza, per il tuo esserci sempre stato per me, per noi... manchi tanto❤️

La nipote Chiara